AMORE

English | Foto | Rassegna Stampa

di > spiro scimone
con > francesco sframeli > spiro scimone gianluca cesale > giulia weber
regia > francesco sframeli
scena > lino fiorito
disegno luci > beatrice ficalbi
regista assistente > roberto zorn bonaventura
foto di scena > paolo galletta
direttore tecnico > santo pinizzotto
amministrazione > giovanni scimone
realizzazione scena > nino zuccaro
produzione > compagnia scimone sframeli
in collaborazione > théâtre garonne toulouse  

Premio Ubu 2016

Miglior novità o progetto drammaturgico

Miglior allestimento scenico

Nomination Miglior spettacolo

Dai, amore, dammi un bacio sulle labbra! Dammi un bel bacio sulle labbra!…(pausa) 
Come da giovani, amore… Come quando eravamo giovani, amore!
 

Con Amore la Compagnia Scimone Sframeli prosegue il proprio percorso drammaturgico ai bordi dell’umanità, all’interno di non luoghi, dove i personaggi non hanno nome e sono “tutti vecchietti”. 

In scena due coppie: il vecchietto e la vecchietta, il comandante e il pompiere. Quattro figure che si muovono tra le tombe. La scena è, infatti, un cimitero. 
Il tempo è sospeso, forse, stanno vivendo l’ultimo giorno della loro vita. 
Dialoghi quotidiani e surreali, ritmi serrati che intercettano relazioni, attenzioni e richieste fisiche che celano necessità sul limite tra la verità e la tragedia del quotidiano.
L’Amore è una condizione estrema e, forse, eterna.

” Il luogo è estremo: una tomba. I personaggi, < tutti vecchietti >, è detto all’inizio.
Un uomo anziano e la sua donna: la vitalità (in)congrua di quest’ultima cerca di ridar corpo ai resti sentimentali di una folle vita passata che il tempo ha trasformato in regressione verso un infantilismo esacerbato. Poi due uomini, un pompiere e il comandante, che si rimproverano l’un l’altro per le incomprensioni fin lì vissute. Dire questo per dire l’amore, l’amore che per forza di cose finisce col descrivere situazioni sessuali sottintese: niente è chiaro ma tutto è detto nello spessore combinato delle parole e delle risposte incessantemente ripetute e ridette, martellate come nella reiterazione di una litania angosciante. Niente è detto ma tutto è chiaro: parole dette in sordina, solo metafore, per non dire quel poco che ci sarebbe da dire, il tutto da non dire simile alla radice stessa del luogo culturale di Spiro Scimone.  Un tempo defunto e uno spazio da fine di partita: il mondo è ridotto a un minimo in cui trionfa l’ovvio, inchiodato alla truculenza reiterata, come una sequela poetica visceralmente comica. Tutto ciò si iscrive perfettamente nella continuità di un antico retaggio comico in Sicilia, comicità dei poveri che attraversa tutta quanta l’area mediterranea, la comicità di Giufà, che mette assieme doppiezza, idiozia e saggezza; una logica dell’assurdo che risuona oggi come inventario di tutti i luoghi.”

Jean Paul Manganaro